Il Viaggio del Centauro – Il Contatto
“contro la mano”, “ contatto più stabile”, “non in mano” sono tra i commenti più frequenti soprattutto nelle categorie E ed F.
Il perché è subito detto: dipende proprio dal livello di addestramento del binomio, la sicurezza, morbidezza e costanza del contatto è secondo la tradizione classica la prova della qualità e del livello dell’addestramento.
Il curioso è che il contatto non parte dalle mani ma dal nostro “sedere” (assetto), solo se il “sedere” e quindi il busto e le gambe sono stabili e seguono il cavallo la mano potrà riuscire col tempo a sentire il contatto con la bocca e mantenerlo costante.
Avete mai giocato con il telefono a filo? Due bicchieri di carta, si fora il fondo e si infila il capo di uno spago, fermato all’interno con un nodo. Il suono della voce dal fondo del bicchiere si trasmette lungo il filo all’altro bicchiere solo se il filo è teso. Se però è troppo teso il fondo del bicchiere di carta si rompe inesorabilmente.
Ecco il contatto con la bocca: la tensione continua e leggera mantiene la comunicazione così basta una stretta di mano o un allentamento per dare indicazioni al cavallo.
Da terra e poi da montato Jack ha imparato che deve rispondere in qualche modo a una pressione che supera il livello del normale contatto. La pressione della gamba su un lato, superiore alla normale sensazione di contatto sarà un comando a spostarsi dalla parte opposta.
“Cosa si è inventato adesso, mi mette in bocca delle strane cose, non riesco proprio a sputarle. Gli do una masticatina, succhio un po. Non vanno proprio via. Pazienza, sarà come tutto il resto delle strane cose umane”
Cosi Jack, dopo un periodo più o meno lungo durante il quale dovrà abituarsi ad avere in bocca uno (o due) strani aggeggi metallici non dolorosi ma sicuramente un poco fastidiosi, dovrà essere aiutato a capire di nuovo la logica.
Per prima cosa si abitua che un “contatto” costante e leggero non è un comando ma che quando “qualcosa si muove bisogna muovere qualcosa” per farlo smettere.
Così sopporterà l’imboccatura, poi dovremo essere così stabili a tutte le andature (e a tutti i movimenti più o meno scomposti) da rendere per lui distinguibili i movimenti casuali dai vari comandi. Ci vuole molto tempo per padroneggiare questa parte dell’equitazione, forse la più difficile.
Per Jack all’inizio sarà abbastanza spontaneo seguire una redine di apertura per girare e un contatto più forte ma non continuo per rallentare.
Le azioni della mano poi, i 5 aiuti di redini, che permettono di spostare le spalle e le anche in direzioni diverse saranno insegnate progressivamente e funzioneranno solo se prima Jack avrà molto chiaro in mente che si va in avanti in risposta a una leggera azione delle gambe.
Eh sì, per avere un buon contatto con la bocca non basta l’assetto sicuro e stabile, ci vuole anche una rispondenza agli aiuti propulsivi leggeri.
“Va bene, ho capito si trotta a 200 mt/min, adesso stai un po fermo che provvedo” “muove la mano: rallentiamo o giriamo?”
Il comportamento di un Jack così spersonalizzato da essere una semplice esecutore meccanico di comandi fortunatamente è molto lontana dalla realtà altrimenti l’equitazione non sarebbe diversa da guidare un’automobile.
Jack ha delle esigenze, vuole giocare con i suoi simili, grattarsi un ginocchio, scegliere l’andatura, rotolarsi, magiare l’erba, andarsene da un’altra parte, smettere di giocare con noi e così via.
Abbiamo due strade quindi per evitare che il filo si rompa: spersonalizzare totalmente Jack (Baucher prima maniera) oppure convincerlo con la costante applicazione del sistema degli aiuti a dare retta solo a noi per un’oretta al giorno.
E se la sua esuberanza non glielo permette allora vorrà dire che dovremo proprio sacrificare qualche altra ora della nostra indaffaratissima giornata e uscire in campagna più spesso.
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