Un Mental Coach per i dressagisti azzurri.

Intervista alla Dott.ssa Elena Giulia Montorsi.

La Dott.ssa Elena Giulia Montorsi, mental coach del Team Italia di Dressage (photo © tuttoDRESSAGE).

Psicologa, iscritta all’ordine degli Psicologi della Lombardia, specializzata in Psicologia dello Sport e in Psicologia dell’adolescenza e della famiglia, dal 2008 docente nei corsi di formazione della F.I.S.E., la Dott.ssa Elena Giulia Montorsi ora è anche Mental Coach di Team Italia.

L’ abbiamo vista all’ opera ad Arezzo con Junior e Young Riders ed a Millstreet con le giovani poniste e sarà presente anche a Caen con i Senior ai WEG, la risposta degli atleti è stata fino ad ora molto positiva, cerchiamo di spiegare meglio ai lettori di tuttoDRESSAGE di cosa si tratta.

In cosa consiste, per chi non lo sapesse, il “mental coaching”?

“Si tratta dell’attività svolta da uno psicologo sportivo, che è quello che sono io. Ciò significa che ho studiato per ottimizzare le risorse mentali degli atleti in vista della performance in gara. Può capitare che si pensi allo psicologo come la figura che va a risolvere i problemi, in verità fa anche questo ma non solo.
In particolare nella psicologia dello sport si parte da situazioni che già funzionano bene andando a lavorare per migliorarle ulteriormente. Questo avviene attraverso: una gestione degli obbiettivi, la gestione della concentrazione, l’ottimizzazione della visualizzazione di gara, una buona capacità di gestire la pressione o di gestire eventuali difficoltà, o anche eventuali imprevisti… Tanto più con i cavalli, non si sa mai, per quanto un atleta possa prepararsi avrà sempre la necessità di ‘mettere a posto’ delle cose.”

Lei svolge questo lavoro anche nell’ ambito di altre discipline sportive. Considerando che nell’equitazione oltre alla persona c’è in gioco anche il cavallo, c’è qualche caratteristica particolare del suo lavoro da trattare in modo diverso rispetto agli altri sport?

“Assolutamente sì, dobbiamo lavorare sul concetto di binomio, che è in qualche modo equiparabile ad altri sport di coppia, nei quali sono fondamentali il principio di fiducia e di lavoro insieme all’altro. In questo caso il nostro ‘altro’ è un animale, che ha  una sua mente, le sue caratteristiche, e anche un approccio alla gara diverso. Perciò nell’equitazione il concetto di binomio è qualcosa che differisce dagli altri sport, proprio per la presenza dell’animale. 

Ci si riferisce comunque al  senso di autoefficacia, quello che ha il cavaliere di sé stesso ma anche il senso di efficacia dell’altro, che in questo caso ancor di più gioca un ruolo fondamentale. Per esempio quando io entro in rettangolo devo avere la sensazione che il cavallo sia in grado di dare il massimo per quelle che sono le sue potenzialità del momento. Sarò così in grado di dare anch’io il mio massimo.

Qui entra il concetto di ‘bolla di concentrazione’, uno stato in cui isolarmi e concentrarmi su tutto quello che mi è utile. Io avrò più facilità ad entrare nella mia bolla di concentrazione se so che anche l’altro è con me. Infatti qualsiasi cavaliere sapendo che il cavallo non è al 100% delle proprie potenzialità farà più fatica a essere preciso o a recuperare quel mezzo punto che magari serve. Certo questo è anche questione di esperienza, e qui stiamo parlando di atleti giovani…”

Il mental coaching oltre che ad atleti giovani è applicabile anche ad atleti senior. Quali sono le principali differenze nel Suo lavoro lavorando con un ragazzo giovane o con un a persona adulta?

“La prima differenza sta nell’ ambiente  che ha attorno l’atleta: nel ragazzo giovane (fortunatamente) è spesso molto presente anche la famiglia, mentre con gli adulti può esserci solo il compagno o la compagna. Con i giovani di solito lavoro così: con il ragazzo, con i genitori, con il tecnico.
Quello che è naturalmente uguale sia con atleti giovani che adulti, è che l’atleta sta al centro: il suo team deve funzionare, perché se è vero che in gara l’atleta è solo e dovrà essere in grado di performare da solo, tutto quello che però viene prima (capacità di concentrarsi,…) è anche dato dalle persone che gli sono intorno e dalla preparazione che ha avuto, perché la gara naturalmente non si prepara il giovedì per il sabato.Le Olimpiadi vengono preparate in tre anni e mezzo, lavorando sul livello atletico, fisico, mentale… è una strada lunga.”

“Altra differenza: gli adulti sono atleti professionisti, i giovani no, hanno anche tante altre cose da fare (vanno a scuola, hanno una vita sociale che è fondamentale, poiché chiudersi eccessivamente sul piano sportivo non va bene in quanto i ragazzi necessitano sempre di avere uno sfogo, la possibilità di poter magari anche fare un po’ di vacanza).
E’ quindi necessario lavorare anche con il contesto dei ragazzi per sostenerli al massimo. Perché è vero che un’esperienza ce l’ hanno, ma ce l’ hanno da pochi anni. La maturità sportiva nell’equitazione arriva molto più in là dell’adolescenza o dell’essere young rider, quindi è un lavoro molto lungo, di costruzione, in particolare nel dressage, dove si va a lavorare punto dopo punto con i ragazzi e con i cavalli in un’ottica di obbiettivo di crescita. Avere una capacità di strutturare degli obbiettivi nei vari anni è importantissimo per farli crescere correttamente su tutti i punti di vista: tecnico ma anche psicologico.”

Nei ragazzi giovani in oltre credo ci sia il “vantaggio” di lavorare su delle menti che si stanno ancora formando, mentre su un senior c’è una storia pregressa più lunga (fatta magari di pregiudizi e preconcetti) quindi immagino sia più complicato.

“Sia la mente di un giovane che di un adulto ha sempre la possibilità di migliorarsi, se c’è la volontà di farlo. Io posso essere la psicologa di squadra ma devo avere dall’altra parte la volontà di lavorare. C’è stata veramente la massima apertura da parte dei cavalieri di fronte a questo progetto della Federazione e alla mia figura. Quello che è differente invece è il modo in cui io come professionista mi approccio a loro: utilizzerò metodi leggermente diversi con una mente adulta piuttosto che con una giovane. Anche perché l’atleta professionista è più capace di isolarsi, poiché l’esperienza di gara lo ha già portato ad apprendere queste cose, mente l’atleta giovane ha ancora la probabilità di portare le proprie problematiche della vita dentro allo sport. Nulla di grave, poiché si lavora poi a 360 gradi su questo.

Per quanto riguarda tecniche di concentrazione, attenzione, respirazione, visualizzazione, quelle sono uguali per tutti. Diciamo che i ragazzi che apprendono queste tecniche adesso, avranno più facilità  in futuro. Lavorare sui giovani è come seminare per poi aspettare che crescano e che crescano più facilmente rispetto a chi magari usa già certe tecniche, ma semplicemente perché gli è venuto bene, o perché magari qualcuno glielo ha detto… infatti spesso mi capita parlando con atleti professionisti, sia nell’equitazione con i cavalieri che in altri sport, che io parli di ‘visualizzazione della gara’, quindi di visualizzarsi la gara dentro alla mente prima di farla, dentro agli occhi, e di sentirmi dire -Lo faccio già-, ma affrontano questa tecnica in un loro modo perché la hanno strutturata autonomamente nel tempo.
Nei ragazzi, che magari ancora questo non lo fanno, glielo si insegna già correttamente, nel modo migliore per loro, e poi negli anni si porta avanti. Ci sono degli esempi poi, come un mio paziente a cui avevo insegnato la tecnica di respirazione per le gare, che mi ha poi detto di averla utilizzata nell’ orale dell’esame di maturità, quindi sono esperienze utili anche nelle altre cose della vita.”

Quali sono le problematiche con i ragazzi in cui ha potuto intervenire con più evidente successo?

La Dott.ssa Elena Giulia Montorsi segue gli azzurri del dressage dal livello pony fino a quello senior (photo © tuttoDRESSAGE.it).

“La mia figura è entrata di recente, quindi non abbiamo un pregresso enorme. Detto questo, piano piano si sta andando avanti in un’ottica futura. Io sono stata molto in campo prova, osservando i ragazzi in diversi momenti, perché per me è importante conoscerli nel lavoro, sia di preparazione in scuderia, che in campo prova con i tecnici, infine nel modo in cui affrontano la gara. Li ho seguiti sotto ogni punto di vista, perché la costruzione della concentrazione che si ha in gara è il frutto di quella che è la costruzione della routine pre gara. Si tratta di un processo di attivazione psico-fisica che porta l’atleta a concentrarsi maggiormente, come quando si sale obbligatoriamente un gradino alla volta prima di arrivare al piano cui si desiderava arrivare.”

“Questo meccanismo può partire quando il ragazzo inizia a preparare il cavallo o quando inizia a cambiarsi. Ecco che diventa fondamentale che il cavaliere possa fare sempre le stesse cose con i propri tempi, con la dovuta calma, perché la mente e il fisico possano pian piano prepararsi per arrivare a un apice di concentrazione che sarà la best performance per quello che è il suo livello. Non si intende solo la vittoria, si intende quello che è il massimo che l’atleta può fare in quel momento, per un discorso di crescita, come dicevamo prima. Ho potuto conoscere i ragazzi in modo anche abbastanza approfondito guardando ad esempio il modo in cui affrontano una piccola difficoltà che può accadere in campo prova, piuttosto che i visi quando stanno per entrare in campo, l’espressione che loro hanno quando fanno il giro del rettangolo. Questi sono tutti elementi molto utili per me, sui quali posso lavorare con i ragazzi, perché spesso loro non si rendono conto di alcuni aspetti che invece io posso notare.”

“Ad esempio può succedere che quando sono in campo prova non respirino bene per l’ansia… bloccando il corpo poi ci sono tutte quelle problematiche che comportano delle difficoltà. Quindi notando certi segnali posso dire al ragazzo: -Guarda che secondo me non stavi respirando-, poi chiedo un parere al tecnico. In quale conferma la mia impressione, mentre chiedendo al ragazzo lui è facile che risponda -Io non me ne sono accorto-.”

“Finire le gare in apnea è un problema comunissimo per i ragazzi, che infatti spesso fanno errori proprio all’ultimo, quando essendo senza ossigeno perdono di lucidità. Questo può accadere nell’ultimo salto del campo ostacoli, o in rettangolo, dopo aver fatto 5 minuti di sforzo molto intenso bloccando magari il respiro in certi momenti per l’ansia o l’agitazione, facilmente si finisce per sporcare un po’ le figure. Perciò vederli in gara è un’esperienza molto importante per me anziché vederli solo in sedute in studio o parlando con loro via skype. Skype tuttavia permette di fare un lavoro continuo con tutti quando fisicamente ci troviamo troppo lontani per vederci.”

Tutto questo discorso del Mental Coach è un po’ una novità in ambito equestre, mentre si sperimenta già da un po’ di tempo sia in altri ambiti sportivi che per varie preparazioni professionali, poiché è stato provato che questi metodi di lavoro portano grandi miglioramenti delle performance.

“Certo. Innanzitutto c’è da considerare che la psicologia dello sport è nata proprio in Italia, negli anni ’60, poi ci hanno lavorato negli Stati Uniti mentre noi ce ne siamo forse un po’ dimenticati, ma siamo stati noi italiani a tirarla fuori. Nell’ambito dell’equitazione questa scienza sta emergendo, all’estero la si usa già da tanti anni. Ho incontrato di recente un collega che si occupa di un’altra squadra e mi hanno spiegato che stanno facendo un iter di preparazione già da anni, partendo dai ragazzi quando fanno i pony e portandoli avanti fino a quando diventano senior.”

“I ragazzi a volte manifestano inizialmente qualche titubanza, poiché la figura dello psicologo viene vista come quella di un medico che ‘cura il matto’… una visione un po’ antica! Poi però i ragazzi capiscono che possono utilizzare questo metodo proprio per loro, non contro di loro, o per il fatto che loro siano problematici. Vedendo poi che ci sono anche altre squadre, che in questi casi sono andate a medaglia, aiuta ad accettare questa metodologia con il giusto spirito. Non è detto che lo psicologo dello sport vada in tutte le gare, tendenzialmente va in quelle più importanti, anche perché il ragazzo deve essere in grado di essere indipendente e imparare a gestirsi piano piano. Nelle gare più importanti, come ad esempio un campionato europeo in cui le pressioni sono maggiori, la presenza dello psicologo dello sport aiuta a gestire magari quella cosa che non si sente quando si va a fare una gara un po’ più semplice a livello di prestazione. Anche il discorso di affrontare gare a squadre, che è qualcosa a cui si è poco abituati nell’equitazione, può creare qualche pensiero in più, che va gestito e risolto subito e non portato in gara.”

Si è aggiunto un elemento proprio da queste ultime parole, che è il concetto di squadra. Qualcosa in cui immagino Lei come psicologo cercherà di lavorare perché è una cosa molto importante sentirsi parte di una squadra e comportarsi di conseguenza.

“E’ importante comportarsi come una squadra e soprattutto avere il giusto clima di squadra, perché un clima di squadra positivo dà quel qualcosa in più che è fondamentale per performare quando si è in gioco. Questo vale per ogni tipo di specialità o sport individuale. Gli sport di squadra sono abituati a funzionare così, gli sport individuali che hanno anche la gara a squadre spesso non lo sono (può essere il dressage, la scherma, la staffetta nel nuoto o nell’atletica). Negli anni poi si impara, ma da giovani ci può essere qualche difficoltà.”

“Lo spirito di squadra è importantissimo: avere le bandiere, essere presenti a guardare anche le gare degli altri, genitori e tecnici compresi, ossia tutti i componenti del team. Tutti i membri del team devono cercare di aiutarsi a vicenda, altrimenti si vengono facilmente a creare delle situazioni che possono talvolta andare a compromettere anche i risultati. Per esempio, se io so che le persone che ho attorno giudicano negativamente qualunque cosa io faccia, per quanto io possa essere freddo, questo pensiero mi rimane dentro. Poi io posso lavorare moltissimo sulle tecniche di concentrazione e sulla respirazione per cercare di entrare nella ‘bolla’, però anche il clima delle 24 ore su 24 all’interno del campionato può diventare un po’ pesante. Si cerca perciò anche di far stare insieme i ragazzi al di fuori delle gare,  fare qualche attività assieme, una cena di squadra, lavori di gruppo. Questo dipende anche da quelle che sono le tempistiche di gara, cosa che va valutata giorno per giorno: a seconda dell’orario delle gare bisognerà gestire il tutto considerando che magari qualcuno ha bisogno di stare da solo per due ore, un’altro di dormire, quindi bisogna cercare di gestirli assieme senza però intaccare la preparazione individuale.”

Possiamo fare una piccola check list, che magari avremo tempo di espandere in seguito?

“Sul piano pratico di preparazione mentale è fondamentale in primis la capacità di respirazione; poi la consapevolezza del proprio corpo; il giusto rilassamento, che serve per un’elasticità psico-fisica e non deve essere confuso con il -mi rilasso e mi addormento-; poi la capacità di visualizzazione della gara, che a seconda delle specialità andrà gestita con le varie tempistiche. Nel dressage la visualizzazione della gara è fondamentale perché i ragazzi possono lavorare così da un punto di vista di allenamento ideomotorio, che significa avere la capacità di affrontare tutte le parti del rettangolo, pezzo per pezzo, movimento per movimento, già molti mesi prima della gara. La visualizzazione non è solo ricordarsi il grafico, ma è lavorare il grafico nella propria testa ancor prima di farlo. Questo mi dà modo di migliorare da diversi punti di vista: mi posso ricordare la voce del tecnico, le varie correzioni in modo da tenerle dentro anche quando entro nel rettangolo, infine da un punto di vista di emozione.”

Per esempio quando un cavaliere visualizza di entrare nel campo di Arezzo degli Europei, automaticamente un po’ di tensione la sente, allora lavorandoci già preventivamente lo si aiuta a capire come gestire quell’emozione specifica. L’impatto emotivo diventa così più gestibile perché è già conosciuto. Quindi se i ragazzi visualizzano questo iniziando a farlo tre settimane prima degli Europei, magari conoscendo già il campo… lo visualizzano e probabilmente iniziano a sentire un po’ di dolori alla pancia, i crampi alla mano, e possiamo iniziare a lavorarci per tempo, così quando il ragazzo sentirà arrivare quell’emozione, saprà già come gestirla. Perché l’emozione è utile: non è sempre e solo negativa. L’emozione ci aiuta a essere più attivi e questo ci dà la possibilità di fare quel qualcosina in più.”

Prossimi step di sviluppo con la Federazione e con il dressage?

“I WEG in Normandia. Poi ci sarà una conclusione di stagione per quanto riguarda il mio lavoro ai Campionati Italiani e quindi metteremo in piedi altri progetti valutando anche quali sono le necessità dei ragazzi e degli atleti in generale.”

 

 

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