ANDREW MCLEAN E LA SUA PREMIERE IN ITALIA.

Il cavallo non sceglie di venire a collaborare con noi dunque noi dobbiamo mettere il suo benessere al primo posto.”

Questo ed altro ci ha detto L’ etologo Australiano in una lunga intervista esclusiva …..

Di GIULIA IANNONE

Andrew McLean ripreso all' AEBC Australian Equine Behaviour Centre dove è il Principal Trainer, ha un Dottorato (PhD) in cognizione ed apprendimento equino ed una Laurea (BSc) in Zoologia (photo courtesy: AEBC).

Lei è stato definito l’uomo della nuova frontiera dell’addestramento equino, practical horse trainer, accademic thinker, coach, trainer, rider….Lei come ama definirsi?

Probabilmente sono un po’ di tutte queste cose! Sicuramente la parte più interessante è derivata superando l’aspetto pratico del cavaliere ed approfondendo, a livello accademico, le conoscenze del cavallo sull’aspetto dell’apprendimento del quadrupede. Una aspetto rilevante nell’approccio scientifico è dato dalle “punizioni” come applicarle e come inserirle nella fase dell’apprendimento dell’animale. Esse sono troppo spesso usate come dolore e non come correzione ad una errata risposta al segnale dell’addestratore”.

In Italia, a Roma per la precisione, dove viene per la prima volta, Lei sta per tenere un clinic con l’ausilio di tre cavalli diversi. Un esempio interdisciplinare. Lei in genere ne usa uno anche da dressage. In questo caso non sarà presente. Come si muoverà questa volta?

E’ vero, sto per usare dei cavalli da salto ostacoli. In primo luogo diciamo che come cavaliere il mio background inizia nel salto ostacoli. Di poi, i problemi dei cavalli da salto ostacoli sono simili a quelli presenti nel cavallo da dressage: velocità e cadenza, vanno troppo piano o troppo veloce, problemi di self carriage ed equilibrio. Io intervengo dunque per comprendere quello che definiamo “conflict behaviour””

Però lei ha avuto grande riscontro nell’ambito del dressage: due volte al Global Dressage Forum 2006-2008, Richiesto dall’Accademy Bartels, una esibizione addirittura con Anky Van Grunsven, richiesto dalla British Horse Society. Credo che il dressage sia la sede naturale per la sua impostazione scientifica. Credo che sia perché Lei si rifà sempre ai grandi maestri classici, dotati di una sensibilità etologica. Può spiegare questo passaggio? Cosa mancava loro di ETOLOGICO?

Non avevano le conoscenze scientifiche per spiegare perché le cose accadono. Il metodo, però, che essi adoperavano erano migliore di quello di oggi. Perché loro non erano soliti scartare i cavalli, oggi noi scartiamo i cavalli se hanno problemi. Essi erano abituati a farli funzionare per forza attraverso un sistema di addestramento utile allo scopo. Noi oggi abbiamo grossi limiti in materia di addestramento. I grandi Maestri non scartavano NULLA. Ogni cavallo poteva essere utile per il lavoro agricolo e per la guerra. Non c’era la possibilità di fare una selezione prediligendo i cavalli migliori. I limiti dei grandi Maestri riguardavano la SPIEGAZIONE. Essi spiegavano con riferimenti del comportamento umano non animale.”

Mi dà un esempio su quest’ultimo concetto?

i Grandi Maestri del dressage, spiegavano i comportamenti dei cavalli dando definizioni del tipo: quel cavallo è buono, quel cavallo è cattivo, disponibilità a lavorare…che sono doti umane e non attribuibili ad un animale. Come se gli animali, al pari dell’uomo, fossero dotati di una anima razionale e dunque riferibile a questi concetti umani. Il termine “ad un cavallo piace o non piace” –che può essere anche vero- ma la spiegazione del “perché non piaceva o non può piacere” non era esauriente. Bisognava cercare nel rinforzo positivo o negativo che avevano ricevuto prima. Dunque una spiegazione di tipo scientifico. “

Andrew McLean mentre dimostra alcune applicazioni dei suoi metodi addestrativi (photo: Giulia Iannone)

Ho da poco finito di compilare un Manuale Equestre “Conoscenze di base” ( per il settore formazione della Fise) ed ho dedicato un capitolo all’Etologia. Mi proponevo di spiegare anche questo termine, ormai tanto abusato oggi, responsabile di aver riempito le sellerie di kit, corde, capezze e quanto altro. Rimane carente l’aspetto culturale connesso all’etologia, sia nel suo aspetto scientifico che in quello tecnico. Io per fortuna ho seguito ed attinto dal suo lavoro, ma non tutti in Italia la conoscono. Questo è un tassello di grande importanza nella cultura equestre.

Nell’etologia come scienza manca la componente dell’apprendimento. Essa si occupa prevalentemente di osservare e studiare il comportamento degli animali. La componente dell’apprendimento proviene dal Nord America mentre l’etologia proviene dall’Europa con Konrad Lorenz e sono due scienze molto diverse che vanno messe insieme e fatte camminare di pari passo. Ma per me l’approccio etologico è molto rilevante all’interno del processo dell’apprendimento. La new age degli addestratori chiamati Horse Whisperer dell’USA hanno sfruttato l’etologia e l’istinto naturale,ma sono al contrario alquanto naturalistici, ossia hanno sfruttato questa idea della dominanza. Le teorie sull’apprendimento basate sul condizionamento classico-rinforzo positivo o negativo- questo è il messaggio più importante. E’ giusto il concetto etologico, ma in ogni interazione, il cavallo impara qualcosa. Qualcosa è cambiato nel suo comportamento. “

Lei ci è arrivato sicuramente grazie al suo background agonistico: ha gareggiato nel completo, nel salto ostacoli e nel dressage. Lei già allora, quando gareggiava, aveva elaborato il concetto di sicurezza, benessere, performance ad alto livello?

Io devo ammettere che non è così! Quando gareggi come cavaliere l’unica idea che hai in mente è di vincere, per quanto amassi e ci tenessi molto ai miei cavalli, il mio obiettivo primario non era esattamente la cura dell’animale.”

Tutto il resto è arrivato dopo, dunque, quando ha smesso di fare agonismo?

Credo che questa parte sia un effetto dell’età, dell’andare avanti negli anni! Negli anni ’80 ho cominciato a pensare alla fase dell’apprendimento. Ero zoologo in questi anni ed ha cominciato a studiare etologia e come questo potesse essere applicato al cavallo agonista”.

Andrew McLean - "...per quel che sia possibile, spero di lasciare un approccio più umano verso il cavallo, con un punto di vista che sia dalla sua parte!" (photo: Giulia Iannone).

Lei ha fatto come Baucher! Primo metodo e secondo metodo dopo la maturità?

Aspetti però Baucher ebbe un brutto incidente –un lampadario gli cadde addosso nel maneggio coperto dove stava lavorando- ed io non l’ho avuto!!!( ovviamente scoppiamo a ridere!!) certo che amo il Baucher del secondo metodo molto moltissimo. E’ certo che con questo esempio, posso dire che quando uno è più giovane, è più preso dai propri interessi, invece con l’età…ho cominciato con l’ultimo cavallo che ho avuto, un cavallo da completo, l’ho venduto nel 1995 ed è andato in Inghilterra. E’ probabilmente uno dei cavalli migliori che abbia avuto. Già con lui avevo adoperato la teoria del condizionamento. Poi ho fatto dressage per 10 anni dal 1995 in poi, in questo periodo stavo preparando il dottorato e cominciavo a capire di più, e con questo soggetto ho fatto davvero un bel lavoro. Iniziavo a lavorare meglio, verso la fine della mia carriera agonistica! Certo sarebbe stato meglio se avessi cominciato all’inizio!!!”

Però se n’è avvantaggiato suo figlio, che diciamo ha il beneficio di aver capito dall’inizio?

Si. Anche se anche lui gareggia e spesso gli devo ricordare che il benessere del cavallo viene prima di qualsiasi medaglia d’oro!”

In Italia, precisamente nel Nord, è sorta una associazione: ANTAC, che si occupa di ritagliare la figura dell’addestratore di cavalli. Da noi in Italia nascono buoni cavalli, ma molto spesso non vengono addestrati bene. Quindi molti si perdono per strada. ( forse essi non conoscono il principio dell’esclusività- un aiuto per volta- e non analizzano la paura evitando di creare errori sul cavallo ). Ma chi è un buon trainer?

Oltre ad essere un buon trainer io direi quale è l’addestratore del futuro! Costui non deve solo tener conto del benessere del cavallo ma al contempo ottenere la migliore performance dal cavallo stesso. E’ buon senso migliorare il cavallo. Noi usiamo sul cavallo redini e gambe, morso e speroni, cose che possono fare male al cavallo, bisogna stare molto attenti a come si adoperano questi aiuti, associando bene rinforzo positivo e negativo. Ed a questo scopo adoperare una minima pressione per avere una massima risposta( la puntina da disegno è l’idea ) e rilasciare la pressione al momento giusto, ossia avvenuta la risposta corretta nel cavallo. ( i.e.il tempismo degli aiuti!) il principio del modellamento: dividere le cose da insegnare al cavallo in maniera schematica ed insegnare una cosa alla volta.”

Dopo ogni viaggio didattico, consideriamo che lei è stato ovunque, cosa porta via nella sua valigia ed andando via, cosa spera di aver lasciato?

Due cose. Nella mia valigia porto sempre con me un approccio logico e razionale per la comprensione del cavallo supportato da un metodo scientifico; per quel che sia possibile, spero di lasciare un approccio più umano verso il cavallo, con un punto di vista che sia dalla sua parte! Il cavallo non sceglie di venire a collaborare con noi, dunque noi dobbiamo mettere il suo benessere al primo posto.”

Stiamo parlando a bordo di un campo di salto ostacoli. Le manca la competizione?

Non monto in salto ostacoli da 6 anni. Amo molto questa disciplina. Ho un cavallo da agonismo che gareggia in Australia e andrà avanti con mia figlia, per divertimento. Mi manca sempre ed adoro guardare le gare!”

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