Antidoping (3): Droga-Alcol e Sport.

Purtroppo il mondo dell’ equitazione non è immune da cavalieri che abusano di droga ed alcol , sostanze che tuttavia non migliorano le prestazioni atletiche ma che provocano una alterazione della percezione della realtà e dei comportamenti.

L’assunzione di droga (o alcol) e il doping sportivo non sono esattamente la stessa cosa, anche se si tratta pur sempre di sostanze che risultano positive ai controlli. Analizziamo di cosa si tratta e proviamo a capire se ha senso catalogare queste sostanze tutte con la stessa etichetta.

“Lo sport è l’insieme di quelle attività, fisiche e mentali, compiute al fine di migliorare e mantenere in buona condizione l’intero apparato psico-fisico umano e di intrattenere chi le pratica o chi ne è spettatore”.

Le droghe sono sostanze che alterano il comportamento di una persona e hanno effetto sul sistema nervoso, con tutto ciò che ne consegue. Il doping consiste nell’assumere sostanze proibite dalle autorità sportive perché accrescono prestazione ed efficienza agonistica, combattendo la fatica e aumentando le capacità dell’atleta che non rispetta la lealtà sportiva. Il doping è il responsabile della perdita dello spirito agonistico, il quale rispetta valori che spingono un atleta a confrontarsi con se stesso e con gli altri. Ciò è dunque scorretto eticamente prima ancora che pericoloso per la salute.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, già nell’Antica Grecia gli atleti assumevano delle sostanze per migliorare le loro capacità. In epoca romana i cavalli venivano drogati e i lottatori nell’arena dopati per aumentare l’aggressività. Con il Cristianesimo l’uso del doping diminuì. Per parecchi secoli lo sport non ebbe l’ importanza che aveva nell’Antica Grecia. Nel XX secolo lo sport ha riacquistato importanza. Germania e Romania sono i Paesi in cui il doping ha avuto maggior successo. I Paesi occidentali investirono notevoli risorse per migliorare le prestazioni degli atleti. L’Italia è stata fra le prime nazioni a preoccuparsi del problema già dal 1954; nel 1961 venne aperto il primo laboratorio di analisi a Firenze e nel 1971 venne emanata una legge che punisce l’uso di doping agli atleti e chi lo fornisce. Nel 1971 il Comitato Internazionale Olimpico ha scritto un elenco di sostanze proibite e questo elenco viene annualmente aggiornato.

Si distinguono cinque gruppi di sostanze proibite:

  1. stimolatori psicomotori (anfetamina, cocaina)
  2. ammine simpatomimetiche (efedrina)
  3. stimolatori del sistema nervoso centrale (aminofenazolo, stricnina)
  4. narcotici e analgesici (eroina, morfina)
  5. steroidi anabolizzanti (anabolica).

In alcuni tipi di sport sono proibiti anche alcol e sedativi. Dal 1984 anche la caffeina rientra nella lista delle sostanze doping assieme ad alcuni diuretici che possono essere utilizzati per aumentare il rendimento sportivo. Un caso particolare è costituito dall’emodoping, o autoemotrasfusione, di cui viene fatto uso in sport come il ciclismo. Ad esempio gli atleti si trasferiscono per un certo periodo di tempo ad allenarsi in luoghi la cui altitudine supera i 2500 m; qui, la minore concentrazione di ossigeno stimola la produzione nel sangue dei globuli rossi che sono responsabili dell’ossigenazione dell’organismo. A questo punto si effettuano prelievi di sangue che, conservato, sarà trasfuso all’atleta prima dell’evento agonistico con effetti stimolanti. L’emodoping è assai pericoloso in quanto può comportare la formazione di trombi e generare problemi vascolari.

Assumere sostanze alteranti per il corpo e la mente è quanto di più contrario alla funzione e definizione dello sport. Atleti dai fisici statuari e che esprimono la salute in toto rovinano questa immagine rendendosi autori di gesti, quali quello di doparsi, che ne minano la credibilità e il loro ergersi a esempio per i giovani e tutti coloro che ne seguono con ammirazione le gesta. L’importanza, quindi, di un gesto come il cercare di incrementare artificialmente le proprie capacità sportive va ben oltre quello della truffa sportiva, rientra nel campo del danno sociale che, per il gran seguito che lo sport ha nel mondo, risulta ben più grave del semplice imbrogliare per vincere.

Tuttavia accomunare semplicemente la droga al doping è semplicistico ed errato. È sufficiente effettuare qualche ricerca in rete per comprendere che in diversi casi le droghe sono ben lungi dall’essere sostanze dopanti. La cocaina, per esempio, sembrerebbe non aiutare a migliorare le proprie prestazioni sportive. Così come il tetraidrocannabinolo, principio attivo della cannabis, non incrementa in nessun modo le prestazioni psicofisiche dell’uomo. Neppure l’alcol migliora le prestazioni fisiche, anzi!

L’alcol determina: nel sangue una variazione della percentuale delle varie forme di transferrina e il risultato globale è una minor efficienza nel trasporto; un peggioramento della capacità aerobica; l’impedimento di un buon sviluppo muscolare. Si tratterebbe perciò addirittura di un ‘doping al contrario’!

Rimane comunque un discorso di etica, legato al fatto che lo sportivo, che fa del massimo benessere del suo corpo la propria disciplina, svolge una funzione sociale che mal si accompagna con quella di una persona che assume sostanze che alterano la propria naturale attitudine.

Vorrei perciò concludere con un’interessante riflessione trovata sul web:

(…) Pur rendendomi conto di quanto alcune restrizioni in merito a sostanze proibite ledano la libertà individuale e siano sotto certi aspetti profondamente inique (basti pensare alla legalità che tutela alcool e nicotina), è quella che concerne la visibilità e la notorietà di cui i campioni sportivi godono e che li rende figure sociali che si tende a voler mantenere integre ed esempio di rettitudine fisica e morale. In sostanza, se sei un campione nella tua disciplina sei obbligato, dai media, a esserlo anche nella vita. Mi siedo dalla parte del torto pensando che ogni individuo dovrebbe avere garantita a ogni costo la propria privacy e dovrebbe poter vivere come vuole a prescindere di quale sia il suo mestiere o la sua professione. Ma per i famosi, dello sport e non, non è così. Essere sportivi anche fuori dai campi è una qualità ottima, ma non si può esigerla o pretenderla, al pari delle altre. Come la gentilezza, è una buona cosa, ma non se obbligatoria. Così, se fosse davvero la lotta al doping il baluardo dietro il quale i media si trincerano, dovrebbero intraprendere inchieste a tutti i livelli dello sport, affrontare il problema alla radice, sostenere che la vittoria è solo uno dei risultati possibili e che il fine vero e reale dello sport è quello di far star bene chi lo pratica e divertire chi lo guarda. Che non sia affatto così è palese per tutti. La droga è un male che però non concerne solo la sostanza proibita nella fattispecie ma i fenomeni sociali e soprattutto economici che le ruotano attorno, fomentando criminalità e disagi sociali. Lo sport si deve contrapporre in maniera decisa e netta al fenomeno droga, il quale va assolutamente e senza meno distinto ed estraniato dal concetto di doping, facce diverse, seppur della stessa medaglia. Non d’oro di certo.  (Sandro Galanti)

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

due × 5 =

Articoli correlati

There are not media published by you.