Il cavallo da sport, un’ azienda che richiede strategie e supporto tecnico

Si è tenuto nell’Auditorium del Palazzo della Regione il secondo convegno della rassegna equestre Cavalli a Palazzo. Il tema del giorno ha interessato quella che nel settore è chiamata “la filiera sportiva”, ossia l’insieme degli attori che concorrono a sviluppare il settore equestre nello sport.

Cesare Croce e Luca Panerai al convegno a Palazzo Lombardia ((photo courtesy: Stefano Secchi – copyright ClassHorseTV).

In un Paese come l’Italia, dove il cavallo viene percepito come un bene di lusso, è intervenuto per primo Enzo Truppa, Show Director dell’evento, commercialista e padre della grande dressagista Valentina, madrina di Cavalli a Palazzo. Truppa ha parlato della questione “redditometro”, ricordando prima di tutto che l’equitazione non è uno sport solo per “ricchi”, portando l’esempio di tante famiglie che rinunciano a certi benefit, come vacanze o spese extra, per mantenere un cavallo al proprio figlio. Secondo Truppa, l’equitazione non dovrebbe dunque essere annoverata tra i beni di lusso per i quali è previsto un coefficiente moltiplicatore.

Sul tema è intervenuto a supporto anche il socio Mario Medici, che ha auspicato che questo strumento di accertamento fiscale possa essere affinato in una versione meno forfettaria e più attinente alla realtà dei contribuenti italiani. A prendere la parola, Riccardo Volpi, titolare di Umbria Equitazione che dal redditometro ha spostato la discussione su un’altra questione che frena la filiera equestre: quella dell’allevamento. Volpi ha voluto sdrammatizzare la situazione del nostro Paese, in un confronto con altre nazioni certamente più competitive per numero (come Olanda e Germania) ma sottolineando al tempo stesso come in Italia si stiano allevando cavalli, in particolare da dressage, compiendo passi da gigante negli ultimi anni, grazie al “metodo di allevamento moderno” di matrice olandese, che si basa sullo studio degli indici genetici fondati su quattro caratteristiche: morfologia, difetti genetici, andature e cavalcabilità.

Ancora sulla realtà italiana rispetto al panorama europeo, è intervenuto Cesare Croce, responsabile dei rapporti istituzionali tra la Federazione Italiana Sport Equestri e la Federazione Equestre Internazionale, sostenendo la necessità di superare quella barriera culturale che in Italia non tiene conto del cavallo. Per questa ragione è importante, secondo Croce, creare un ambiente diverso affinché l’equitazione possa diventare un terreno fertile, vuoi per lo sport vuoi per l’economia. Per raggiungere l’obiettivo Croce ha invitato le istituzioni sportive a comunicare un messaggio che tenga conto del settore equestre e ha ringraziato in particolare ClassHorseTV per l’impegno dimostrato negli ultimi tre anni.

L’avvocato Vincenzo Giardino ha ricordato come la specializzazione nell’allevamento e nel training dei giovani cavalieri sia la chiave di volta per arrivare alle eccellenze. Al convegno non poteva mancare il Cavalier Vittorio Orlandi che ha sottolineato che, anche se con “solo” 120mila tesserati (una realtà ancora ridotta rispetto ad altri paesi come Francia, Germania ed Inghilterra), l’Italia abbia un grande potenziale di espansione. Tuttavia, secondo Orlandi, è necessario recuperare alcuni valori come il rigore, l’etica, un sistema e un’organizzazione dell’intero settore. Non basta, infatti, il talento naturale, cosa che non manca nell’equitazione italiana, ma bisogna recuperare la disciplina, solo così si può arrivare ad uno vero e proprio “stile”, quello stile che ha fatto conoscere l’equitazione al grande pubblico all’epoca dei fratelli D’Inzeo e di Graziano Mancinelli.

In chiusura il presidente Roland Berger Italia, Mariano Frey, che ha riportato un dato interessante: la passione per il mondo del cavallo in Italia sembra infatti muovere due miliardi di euro. Protagonista principe della storia dell’uomo, il cavallo è parte del patrimonio umano, dall’impiego nell’agricoltura, alla guerra, allo sport di oggi. Eppure c’è bisogno – ha sottolineato –di una maggiore diffusione della cultura equestre. Solo creando un “mito” attorno a questo animale e a quello che lo circonda, sarà possibile parlare di una equitazione integrata nella nostra cultura. Un messaggio che si rivolge ai nuovi investitori che, come nel caso di Cavalli a Palazzo, possono rendere questo “mito” possibile.

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